Che cosa è l’antifragilità e perché è sempre più preziosa per l’operation management?
La fragilità indica la facilità di rottura relativamente ad un urto. L’opposto di fragilità viene spesso associato al termine robustezza, ovvero la capacità di resistere ad un urto più intenso.
Ma dopo la rottura?
L’accettazione dell’errore e la cultura del fallimento in azienda sono le basi del concetto di leadership, nonostante in Italia siano visti come un tabù o addirittura qualcosa di demotivante.
In Italia vige la cultura del fare e ottenere subito che si scontra con la visione delle nuove generazioni: 11 mila start-up iscritte al registro delle imprese di cui circa solo l’8% sopravvive alle sfide del mercato, mentre le restanti falliscono nei primi 3 anni di vita.
Fallire è qualcosa che non è previsto nella maggior parte dei percorsi imprenditoriali italiani; diversamente da molti altri paesi che considerano gli insuccessi eventi fondamentali ed inevitabili per il raggiungimento del successo personale.
Considerare le persone per come hanno reagito di fronte alle difficoltà e ai fallimenti, evitando di etichettarle come “fallite”, permette di cogliere le loro qualità e potenziale, oltre a favorire: comportamenti proattivi, una maggiore responsabilizzazione e un approccio che favorisca la nascita di nuove idee.
L’antifragilità è molto differente dalla robustezza di un’organizzazione, in quanto non punta a resistere, relativamente all’intensità dell’azione e in funzione del tempo, ma permette di ottenere miglioramenti in situazioni di stress e difficoltà.
Risulta inevitabile, di fronte alla sorte a cui vanno incontro la maggior parte delle startup che decidono di lanciarsi in progetti di entrepreneurship, l’educazione al fallimento per attuare un miglioramento continuo.
Questa assoluta necessità si scontra con la realtà che viviamo, quotidianamente abituati ad ottenere ciò che desideriamo sempre più velocemente e con sempre meno sforzo.
L’ “instant gratification” ci porta ad avere sempre a portata di click la soluzione che stiamo cercando, optando per soluzioni più immediate e soprattutto rinunciando a tutto ció che richiede tempo e non ci garantisce un pay-off nel breve periodo.
Basti pensare…”Quante volte guardiamo il cellulare durante la giornata?” “It’s people like us” è il titolo del documentario australiano che ha voluto dare una risposta a questa domanda. In media le stime risalenti al 2017 dicono che abbassiamo lo sguardo 150 volte al giorno, ogni 7 minuti circa (numeri certamente in forte aumento data la diffusione su ampia scala dello smart working)
Purtroppo infatti la maggior parte di coloro che vogliono intraprendere un percorso imprenditoriale non prevede: l’attesa per l’ottenimento dei risultati, le difficoltà e un nuovo piano strategico per affrontare il fallimento.
L’antica arte giapponese del Kintsugi, che può aiutare a far comprendere l’importanza dei fallimenti è formata dai termini “Kin”(oro) e “tsugi” (riparazione) e consiste nel restauro di oggetti fragili che hanno subito una rottura grazie all’utilizzo di metalli preziosi come l’oro.
Attraverso questa tecnica è possibile “ricoprire d’oro” le fratture che assumono un ruolo di valorizzazione del percorso di crescita evitando di commettere l’errore di nascondere la sua unicità.
Se stai pensando d’investire nel tuo progetto non avere paura di fallire, dove non c’è margine d’incertezza non ci può essere margine di successo!!!
Articolo di Federico Peracchi